Archivio quesiti 2018

Quesito 044/2018

prevenzio.net

Domanda

Quesito per un'azienda che avrebbe la necessità di operare in spazi confinati:
a) uno è un lungo corridoio ad L (lungo 30 metri + 90 metri) sarà alto 2,5m e largo 3m, sotterraneo dal quale si accede comodamente da una scala, ma non ci sono porte e non ci sono finestre verso l'esterno; all'interno del corridoio è presente un impianto (le tubazioni che servono da insufflare aria all'interno dei magazzini). La necessità di accesso in questo spazio avviene nel caso in cui si inceppi una parte dell'impianto e l'operatore dovrebbe verificare per quale motivo il bocchettone non si apre. In questi spazi ci si cammina in piedi, ma non c'è un grosso spazio di manovra.
b) l'altro è un altro corridoio più o meno a L (lungo 65 metri) che ha le stesse funzioni del primo, ma l'entrata è una botola quadrata 60cmx60cm, dalla quale si accede ad un primo vano, poi da lì si ha accesso ad un corridoio sotterraneo con presenti sempre impianti per insufflare aria nei magazzini.

L'operaio in passato è sempre entrato in questi spazi senza sapere fossero confinati, da quando ho preso in mano l'azienda ho spiegato loro i pericoli e hanno il divieto di accesso.

L'azienda vorrebbe poter accedere agli spazi, effettuando corsi, ma visto il DPR 177 del 14/09/2011, la cosa risulta impossibile.

L'azienda ha due operai, (il datore di lavoro ha 90 anni e raramente è presente), l'impiegata non svolge nessuna attività nei magazzini.
Se devono essere presenti almeno tre lavoratori formati, certo non posso contare il datore di lavoro di 90 anni, quindi devo per forza far intervenire una terza azienda?
Come può un'azienda iniziare ad andare in spazi confinati se deve dimostrare l'esperienza di personale esperto per almeno il 30% della forza lavoro?
E se anche facessi fare il corso ad entrambi i lavoratori mi mancherebbe il terzo??

L'unica soluzione è quindi appaltare il lavoro in spazi confinati ad una azienda con tutti i requisiti o assumere un terzo lavoratore con esperienza triennale nell'ambito degli spazi confinati?

Risposta

In merito ai dubbi sollevati nel quesito e alle informazioni sulle caratteristiche del luogo di lavoro, dal confronto con i testi di legge (D.P.R. 177/11 e D. Lgs. 81/08) non si rilevano gli elementi per confermare che si tratti di ambiente confinato in quanto non sussistono le condizioni di cui all'art. 66 D. Lgs. 81/08 ovvero rilascio di gas deleteri e dimensioni d'apertura per il recupero di un lavoratore infortunato non adeguate (la botola di dimensioni 60x60 cm risponde alle caratteristiche di un passo d'uomo regolamentare).
Pertanto, si ritiene che per lo svolgimento dell'attività di verifica/manutenzione impianti, possano essere impiegati i lavoratori dipendenti dell'azienda in possesso di formazione generale e specifica ai sensi del D. Lgs. 81/08 e dell'Accordo Stato Regioni del 21/12/2011.

(Dicembre 2018)

Quesito 047/2018

prevenzio.net

Domanda

Un chiarimento sulla facoltà di un Datore di Lavoro di un'azienda di autotrasporto di autonominarsi nel ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione per la propria azienda.
Premesso:
che l'allegato II del Testo Unico (D. Lgs. 81/08) per la Sicurezza sul Lavoro elenca i casi in cui è possibile l'autonomina del datore di lavoro, precisamente:
- Aziende artigiane e industriali che occupano fino a 30 lavoratori;
- Aziende agricole e zootecniche che occupano fino a 30 lavoratori;
- Aziende della pesca che occupano fino a 20 lavoratori;
- Altre aziende che occupano fino a 200 lavoratori.
la domanda è:
In quale dei gruppi sopra elencati si colloca il settore autotrasporto?

Risposta

Un'azienda di autotrasporti rientra nell'ultimo caso citato dall'allegato II: altre aziende che occupano fino a 200 lavoratori.

(Dicembre 2018)

Quesito 046/2018

prevenzio.net

Domanda

Gli operatori o istruttori sportivi che svolgono attività lavorativa presso impianti sportivi di ogni genere (palestre, piscine, ecc...), per conto di associazioni, società o enti e retribuiti con contratti di collaborazione occasionale, secondo modalità e limiti imposti dal DPR 917/86  art. 67 e 69 e s.m.i. (pertanto non assunti come dipendenti e non in possesso di partita IVA), devono svolgere i corsi di formazione generale e/o specifica ed essere sottoposti a sorveglianza sanitaria preventiva e periodica ai sensi del D. Lgs 81/08?

Risposta

Si ritiene che queste forme di collaborazione si configurino come lavoro autonomo (art. 2222 del codice civile) e rientrino nel campo di applicazione del D. Lgs. 81/08 limitatamente a quanto previsto dall'art. 21 e dall'art. 26 (che non comportano l'obbligo della sorveglianza sanitaria e della formazione).

(Dicembre 2018)

Quesito 045/2018

prevenzio.net

Domanda

L'art. 16 della 81/08 recita:
"Articolo 16 - Delega di funzioni
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate.
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto […]."

Quesito 1: il datore di lavoro chi può delegare? Solo i dirigenti o anche altre figure?
Quesito 2: Nel caso un formatore per la sicurezza abilitato (accordo stato regioni) esegua formazione e firmi i verbali di formazione, ma non abbia nessuna delega per farlo da parte del Datore di Lavoro, la sua firma ha valenza? La formazione (come anche altri obblighi del DDL), se non delegata, deve essere erogata (e firmata) dal DDL e non dal formatore? Se invece è presente una delega, la formazione (come gli altri obblighi) devono essere erogati e firmati dalla persona delegata obbligatoriamente?
Quesito 3: Nel discorso della delega di funzioni, che cosa è realmente delegato? Vengono delegate le attività in se per se oppure la responsabilità di quelle attività? Per esempio, nel caso della formazione, un Dirigente Delegato ha la responsabilità sulla formazione o la deve anche effettuare (e firmare), oppure può erogarla e firmarla un formatore, fermo restando la responsabilità del Dirigente Delegato?

Risposta

1) Il datore di lavoro può delegare chiunque abbia i requisiti di professionalità ed esperienza per poter svolgere in maniera efficiente il ruolo; nessuna specificazione ulteriore è prevista e nessuna limitazione al punto che può essere delegato anche un soggetto esterno all'azienda.
2) Il datore di lavoro è obbligato ad assicurare adeguata informazione e formazione dei lavoratori (artt. 36 e 37 del D. Lgs. 81/08); nella stragrande maggioranza dei casi questo obbligo è assolto rivolgendosi a strutture e soggetti formatori aventi i requisiti di legge per svolgere il compito.
Eventualmente il datore di lavoro può occuparsi dell'organizzazione del corso per i propri lavoratori (punto 2 dell'Accordo del 21/12/2011) oppure, se in possesso dei requisiti per autonominarsi RSPP (ai sensi dell'art. 34 del D. Lgs. 81/08), può svolgere direttamente lui la formazione nei confronti dei propri lavoratori anche in assenza dei requisiti previsti per il formatore (punto 12 dell'Accordo del 7/7/2016).
3) La delega, per le funzioni delegabili, trasferisce in pieno gli obblighi e le responsabilità dal datore di lavoro al delegato, ovviamente se sono rispettate tutte le condizioni riportate nella domanda come elencate nell'art. 16 comma 1 del D. Lgs. 81/08.
Rimane in capo del datore di lavoro un obbligo di vigilanza sul delegato affinché svolga correttamente le funzioni delegate (art. 16 comma 3 del D. Lgs. 81/08).

(Dicembre 2018)

Quesito 043/2018

prevenzio.net

Domanda

Faccio parte del Servizio di Prevenzione e Protezione di una Azienda impiantistica della Provincia di Modena
Chiedo consigli sui comportamenti da tenere nel caso in cui si presenta in cantiere un operaio visibilmente alterato da alcol/stupefacenti.
Esiste un decreto/norma di riferimento che sancisca le regole da tenere in queste situazioni?

Risposta

Il principio da tenere presente è sempre quello della massima cautela che prevede che il datore di lavoro (o chi per lui) nell'affidare i compiti tenga conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla salute e sicurezza (art. 18, comma 1, lettera c del D. Lgs. 81/08).
Quindi, di fronte al dubbio di una "non idoneità" di fatto di un lavoratore il datore di lavoro, il dirigente o il preposto devono impedire che egli possa mettere a repentaglio la propria incolumità e quella di terzi, evitando che salga su un'impalcatura, si metta alla guida di un mezzo...
Nel frattempo lo si tiene in un posto sicuro o si accompagna a casa o si coinvolge il sistema del 118 nei casi più gravi (le procedure per il primo soccorso in azienda devono prevedere anche queste evenienze).
La valutazione dei rischi, inoltre, dovrà valutare anche questo rischio ("tutti i rischi") anche se non si tratta di rischio lavorativo in senso stretto, indicando le misure preventive e protettive relative; il coinvolgimento del medico competente su questo tema è fondamentale sia perchè tenuto a verificare "l'assenza di alcoldipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti" (art 41, comma 4 del D. Lgs. 81/08) che ad effettuare azioni di informazione e di promozione della salute nei confronti di tutti i lavoratori.

(Novembre 2018)

Quesito 042/2018

prevenzio.net

Domanda

Un consorzio di autotrasportatori è composto da 2 amministratori e 10 soci, i soci del consorzio sono ditte individuali con P.Iva e mezzo di proprietà.
I soci devono essere equiparati a lavoratori pertanto tenuti ad effettuare la formazione lavoratori oppure essendo D.I. con propria P.Iva sono esclusi?

Risposta

L'elemento di maggiore rilevanza va ricercato nella forma societaria del consorzio e in particolare nel suo scopo e nei rapporti tra questi e i singoli consorziati.
Se il consorzio entra nel merito dell'organizzazione di lavoro dei soci, interferisce o determina il ruolo che ognuno di loro ha si configura come un'azienda a tutti gli effetti e i soci diventano assimilabili a lavoratori, applicandosi appieno il D. Lgs. 81/08.
Se invece il consorzio esplica solo un'azione di rappresentanza verso l'esterno (ad esempio procaccia le commesse, pubblicizza l'attività...) e i singoli soci sono completamente autonomi non si configura come azienda con un proprio datore di lavoro e tutte la altre figure.
Infine se il consorzio ha una propria struttura di gestione con proprio personale (ad esempio degli amministrativi che svolgono lavoro di ufficio) acquisisce nei loro confronti gli obblighi previsti dalla normativa appena citata.

(Novembre 2018)

Quesito 039/2018

prevenzio.net

Domanda

Siamo un istituto di formazione professionale e talvolta diamo in affitto la palestra della nostra scuola. Questa è dotata di defibrillatore semiautomatico periodicamente sottoposto a manutenzione da ditta esterna specializzata.
La palestra viene data in affitto sia ad associazioni/società sportive dilettantistiche, ma anche a privati cittadini e ad altre scuole.
In occasioni di gare sportive organizzate da associazioni/società, noi richiediamo sempre all'organizzazione la presenza obbligatoria di almeno una loro persona formata all'utilizzo del defibrillatore (in genere il loro arbitro è formato).
Ma le domande che poniamo sono le seguenti:
Quando vengono dei privati cittadini ad usufruire della palestra (ad esempio un gruppo di amici che vogliono fare una partita di calcio), io in quanto scuola, devo assicurarmi comunque che ci sia la presenza di una persona formata all'utilizzo del defibrillatore (che sia questa il nostro custode o uno di loro)?
Se un'altra scuola mi chiede in affitto la palestra per far fare ai suoi ragazzi le ore di ginnastica, io devo assicurarmi che ci sia la presenza di una persona formata all'utilizzo del defibrillatore (che sia questa il nostro custode o il loro insegnante di ginnastica)?

Leggendo la normativa "Legge n.158/2012" si evince che:

  • è obbligatoria la presenza di un DAE presso Società Sportive sia professionistiche che dilettantistiche e all'interno di impianti sportivi
  • è fortemente raccomandata la presenza di un DAE in ambienti ad elevata densità di popolazione (aeroporti, stazioni marittime, stazioni ferroviarie, metropolitane, stadi, ipermercati, centri commerciali, hotel, scuole, ecc.);

Quindi si deduce che nelle scuole NON è obbligatorio, ma è solo fortemente raccomandato il defibrillatore. Presso la nostra scuola, come detto sopra, è stato installato un defibrillatore (nonostante non ce ne fosse l'obbligo), ma non sempre riusciamo a garantire la presenza della persona formata quando noleggiamo la palestra a terzi NON facenti parte di Associazioni o Società Sportive (come i privati o altre scuole): anche se a parere dello scrivente questo non è un problema, in quanto sembra di cogliere dalla normativa che al di fuori di Società Sportive non ci sia l'obbligo di avere il defibrillatore né persona formata al suo utilizzo. Si rimane in attesa di una conferma in merito.

Risposta

Si ritiene che la palestra, in quanto concessa a terzi (siano essi privati o associazioni) nel momento in cui viene data a noleggio si configura come impianto sportivo (per cui il DAE è obbligatorio)e non più come locale scolastico (per cui è fortemente indicata la disponibilità di defibrillatore).
Finché la palestra viene noleggiata ad associazioni, aziende e simili, dotate di propria organizzazione, il personale addestrato all'uso del DAE deve essere fornito dall'associazione che prende a nolo la struttura; nel caso di privati invece la questione deve far riferimento a quanto espresso nel decreto "La presenza di una persona formata all'utilizzo del defibrillatore deve essere garantita nel corso delle gare e degli allenamenti".
Pertanto se la Scuola intende noleggiare a privati deve chiedere che nel gruppo dei fruitori del noleggio vi sia un soggetto con documentabile certificazione in corso di validità di formazione sull'uso del DAE oppure deve fornire in proprio personale idoneo allo scopo. In questo caso diventa importante la questione che vede la palestra scolastica, in quel preciso momento in cui è data in noleggio a terzi, configurarsi come impianto sportivo per cui il DAE è obbligatorio.

Ottobre 2018

Richiesta ulteriori precisazioni

come dice la normativa (e secondo anche quanto citato nella vostra mail), "La presenza di una persona formata all'utilizzo del defibrillatore deve essere garantita nel corso delle gare e degli allenamenti", ma il mio dubbio è nel caso di privati cittadini che noleggiano la palestra una sera o una domenica pomeriggio per fare una semplice partita amichevole di palla avvelenata (e quindi senza essere una squadra o un gruppo identificabile e senza fare gare o allenamento). Avendo chiaro il fatto che, dal momento in cui la palestra viene data a noleggio si configura come impianto sportivo diventando pertanto obbligatorio il DAE, mi confermate ugualmente che, anche nel caso che vi ho riportato sopra (ovvero i privati cittadini che giocano amichevolmente a palla avvelenata) serve comunque anche la persona formata all’utilizzo del DAE?

Risposta

Facendo riferimento al testo delle linee guida sull'utilizzo dei DAE, indipendentemente dal fatto che l'attività svolta sia disciplina sportiva o meno, la dotazione del DAE e del personale addestrato ad utilizzarlo sono condizione utile anche nei "luoghi quali centri sportivi, stadi palestre ed ogni situazione nella quale vengono svolte attività in grado di interessare l'attività cardiovascolare, secondo quanto stabilito dal D.M. 18 marzo 2011". Quindi, a nostro parere, a maggior ragione in un contesto di soggetti privati, non atleti, magari proprio perché poco allenati, anche se praticano la "palla avvelenata" si può ipotizzare un maggior rischio di arresto cardiaco rispetto ad atleti allenati e praticanti regolare disciplina sportiva.

Novembre 2018

Quesito 041/2018

prevenzio.net

Domanda

Si chiede la Vs. interpretazione relativamente all'obbligo di aggiornamento formativo ai sensi dell'Accordo Conferenza Stato Regioni del 21/12/2011, per un lavoratore che ha frequentato la formazione generale e specifica (alto rischio) nel 2013 e successivamente ha frequentato il corso da preposto nel 2017.
Si chiede, alla luce degli esoneri previsti dall'Accordo CSR del 07/07/2016, se questo lavoratore possa frequentare direttamente l'aggiornamento nel 2022 o debba comunque partecipare ad un corso di aggiornamento entro il 2018 e considerare questa data per i successivi quinquenni.

Risposta

Si ritiene, da una lettura congiunta dei due Accordi citati, che il modulo aggiuntivo per preposti possa essere considerato anche come una sorta di aggiornamento per la figura del lavoratore e che il successivo aggiornamento quinquennale per il preposto "assorba" di fatto l'aggiornamento per il lavoratore. Per cui, a nostro parere, può essere preso l'anno 2022 come termine ultimo per la conclusione dell'aggiornamento.

(Novembre 2018)

Quesito 038/2018

prevenzio.net

Domanda

Alla luce delle ultime novità sulla formazione degli operatori che eseguono attività in tensione PES/PAV, tipicamente associata alle attività (in tensione) legate alla manutenzione di impianti elettrici da parte di elettricisti, si chiede se un'azienda che esegue le seguenti attività come frigoristi sia tenuta a far svolgere, ai propri addetti, tale formazione di 16 ore secondo la norma CEI 11/27.

  1. Allacciamento elettrico di un chiller / condizionatore, dal quadro elettrico di distribuzione al condizionatore stesso. 
  2. Ricerca guasto su quadro elettrico a bordo condizionatore. 
  3. Manutenzione a bordo quadro elettrico condizionatore , con sostituzione componenti, quali,contattori, relè, fusibili. temporizzatori, termiche, salvamotori ed eventuali...... 
  4. Sostituzione di Processori/schede elettroniche di controllo per i circuiti ausiliari all'interno dei quadri elettrici dei condizionatori. 
  5. Installazione componenti elettronici di controllo, quali valvole ,servomotori, pressostati. 
  6. Cablaggio completo di quadri elettrici per il controllo dei condizionatori. 
  7. Posa di linee elettriche in Fg6 /fror, per il collegamento fra di loro di più componenti di un climatizzatore. 
  8. Sostituzione di elettroventilatori col loro collegamento elettrico. 
  9. Sostituzione di motocompressori col loro collegamento elettrico. 
  10. Verifica grado di isolamento apparecchi frigoriferi e dei loro componenti.

Risposta

Il Titolo III del Dlgs. 81/08 al Capo III – IMPIANTI E APPARECCHITURE ELETTRICHE prevede
… … 
Articolo 82 - Lavori sotto tensione
1. E' vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica o quando i lavori sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme tecniche.
b) per sistemi di categoria 0 e I purché l'esecuzione di lavori su parti in tensione sia affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attività secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica;
… …
Quindi la deroga al divieto è condizionata al valore di sicurezza della tensione (cioè inferiore a 50 V in corrente alternata, 120 V in corrente continua), intendendo per tensione di sicurezza quella il cui valore non può indurre effetti patologici sull'organismo umano.
In alternativa è possibile lavorare su tensioni pericolose (superiori quindi ai valori sopra richiamati: normalmente 230 V alternati) quando si adottino procedure di sicurezza e gli operatori siano appositamente addestrati, requisito fondamentale per essere riconosciuti idonei dal datore di lavoro.
Seguendo il richiamo da parte del D. Lgs. 81/08, nella normativa tecnica si individua la Norma CEI 11-27, citata nel quesito, che detta le modalità di formazione per i lavoratori addetti a lavori elettrici attraverso un corso di almeno16 ore.
La norma, in linea con la legge, definisce il lavoro elettrico non tanto da un punto di vista tecnico-funzionale, ma riferendosi al rischio elettrico, e quindi di elettrocuzione, indipendentemente dal tipo di attività svolta.
Ad esempio, per la Norma CEI 11-27, non è lavoro elettrico la stesura dei cavi elettrici nelle loro sedi in quanto l'impianto non è ancora collegato a fonti di energia. Viceversa, rientrano nella definizione di lavoro elettrico (inteso come rischio elettrico) tutte le operazioni su impianti di distribuzione anche se il gruppo di manovra (interruttore generale o sezionatore) è staccato perché non è escludibile a priori che possa essere riattivato anche inavvertitamente: da ciò discende la necessità di conoscenza del rischio da parte degli operatori.
La Norma CEI 11-27 definisce quindi lavori sotto tensione quelli svolti con parti del corpo umano ad una distanza inferiore a 15 cm, e lavori in prossimità quelli svolti a meno di 65 cm da parti attive a tensioni pericolose.
Per parti attive si intendono sia i conduttori di fase che quelli di neutro, anche se momentaneamente isolati dall'alimentazione generale come sopra ricordato.
Quanto premesso porta ad affermare che per la quasi totalità delle operazioni citate nel testo del quesito sia necessario l'addestramento specifico degli addetti affinché il datore di lavoro possa ritenerli idonei ad eseguire lavori elettrici come definiti dalla norma in termini di rischio.

(Ottobre 2018)

Quesito 035/2018

prevenzio.net

Domanda

In merito alla redazione del piano di emergenza ed evacuazione di cui all'art.5 del DM 10.03.1998:
a) un'azienda che svolge servizi di facchinaggio e movimentazione merci che non ha una propria unità operativa ma ha circa 20 dipendenti che lavorano in appalto presso sedi esterne (magazzini vari) è esentata dalla redazione del piano di emergenza ed evacuazione?
Sarà quindi l'azienda committente che deve informare il datore di lavoro dell'azienda appaltatrice circa le procedure di emergenza ed evacuazione che a suo volta provvederà ad informare i suoi dipendenti, è corretto?
Infine, in merito alla prova di evacuazione, sarà svolta solo se nell'azienda committente sarà organizzata?

b) un'azienda di trasporti con sede operativa non soggetta al DPR 151/2011 è costituita da 10 dipendenti, di cui 7 autisti. Tenendo conto che in azienda ci sono sempre 3 dipendenti (impiegati) e solo in alcune e rare occasioni in azienda saranno presenti tutti e 10 i dipendenti, il datore di lavoro è obbligato alla redazione del piano di emergenza ed evacuazione e ad effettuare la prova di evacuazione?

c) un'azienda edile con sede operativa non soggetta al DPR 151/2011 è costituita da 10 dipendenti (3 impiegati e 7 operai edili). Durante tutta la giornata in azienda sono presenti n.3 lavoratori però alle ore 18.00 tutti gli operai tornano in azienda diventando così 10 lavoratori, il datore di lavoro è obbligato alla redazione del piano di emergenza ed evacuazione e ad effettuare la prova di evacuazione?

Risposta

Risposta a) La prova di evacuazione consiste nell'addestramento all'abbandono sicuro, veloce e ordinato dei locali da parte delle persone presenti all'interno degli stessi in caso di emergenza. Non esistendo, da quanto si evince dal quesito, una sede fisica all'interno della quale possano trovarsi lavoratori non è naturalmente necessario doversi esercitare per evacuare un locale inesistente. Il rischio, e la relativa gestione, viene quindi spostato presso il datore di lavoro committente

Risposta b e c) I due quesiti pongono sostanzialmente lo stesso problema. Per la maggior parte del tempo nei locali stazionano contemporaneamente poche persone, il cui numero non obbligherebbe alla redazione del piano di emergenza e all'organizzazione della prova di evacuazione, mentre per un tempo limitatissimo sono presenti 10 lavoratori.
Non essendo le aziende in questione soggette al DPR 151/2011, gli obblighi per il datore di lavoro in merito alla gestione del rischio incendio derivano dal D. Lgs. 81/08 e dai decreti ad esso collegati.
Ricordando innanzi tutto che il tempo limitato di presenza dei lavoratori nei locali riduce la probabilità ma non l'eventuale danno in caso di evento di emergenza, le considerazioni si spostano sull'affollamento e quindi sul numero di persone presenti.
Il D. Lgs. 81/08 nel fissare deroghe e semplificazioni in merito agli obblighi previsti dai diversi titoli del Decreto fa riferimento al numero 10, riferito ai lavoratori/addetti dell'azienda, riportando la locuzione "… fino a 10 addetti...".
Nell'analisi del DM 10 Marzo 1998, che esplicita le procedure applicative degli obblighi del datore di lavoro in merito alla redazione del piano di emergenza e all'organizzazione della prova di evacuazione, si evidenzia, in caso di deroghe e semplificazioni, la locuzione "… meno di 10 addetti..." .
Ragionando in termini freddamente matematici non vi è dubbio che nel primo caso si parli di 10 e nel secondo di 9 addetti, ma si ritiene che l'indicazione riportata nella legislazione specifica (D. Lgs.81/08 che individua obblighi, responsabilità e sanzioni) sia prevalente rispetto a quanto riportato nella legislazione collegata (DM 10 Marzo 1998) e che da indicazioni operative.

(Ottobre 2018)

Quesito 037/2018

prevenzio.net

Domanda

In merito agli adempimenti cui sono soggette le organizzazioni del volontariato si chiede se, per associazioni che hanno solo volontari e non dipendenti, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 del D.Lgs. 81/08:

  • Fornitura eventuali DPI 
  • Attrezzature a norma 
  • Tesserino di riconoscimento se serve

Sono state redatte il piano di emergenza interno, la planimetria, la segnaletica, gli addetti antincendio e primo soccorso formati ed anche i lavoratori hanno ricevuto formazione secondo ASR del 21.12.2011.
Si chiede se il DVR e la nomina RSPP siano o meno obbligatori, se non vi sono dipendenti o lavoratori subordinati.

Risposta

Nel caso suddetto, come specificato al comma12 bis dell'art. 3 del D. L.gs 81/08, si applica solo quanto previsto dall'art. 21 dello stesso decreto. Tale articolo non prevede né la valutazione del rischio (e quindi la redazione del relativo documento) né la nomina del RSPP.

(Ottobre 2018)

Quesito 036/2018

prevenzio.net

Domanda

Un apprendista di un'azienda che installa cartellonistica, formato sui rischi (16 ore), sull'uso di attrezzature (piattaforme, carrello), sull'uso dei DPI di terza categoria, si trova talvolta ad operare da solo in alcuni cantieri.
Si chiede se al di là della dotazione di un dispositivo uomo a terra possa nell'ambito del contratto di apprendistato operare da solo.

Risposta

Anche per l'apprendista (maggiorenne) valgono le stesse regole degli altri lavoratori relativamente agli obblighi di sicurezza e igiene del lavoro, se adeguatamente formati, se la valutazione dei rischi è stata fatta in maniera adeguata e proficua,
Non è vietato in questo senso neanche il lavoro in solitario se ben organizzato e se tutte le misure preventive/protettive sono state adottate e periodicamente sottoposte a verifica.

(Settembre 2018)

Quesito 034/2018

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Domanda

In riferimento all'aggiornamento quinquennale di 6 ore per i lavoratori, previsto dall'accordo stato regioni, si richiede se il conteggio dei 5 anni è da considerarsi sempre dalla data di prima formazione effettuata (come previsto per esempio l'aggiornamento RSPP) oppure dall'ultimo aggiornamento effettuato?
Per spiegarmi meglio: Un lavoratore, ad esempio, ha svolto il corso di formazione specifica di 12 ore il 31/01/2013. Ha svolto poi l'aggiornamento di 6 ore il 23/11/2017. Il quinquennio per il successivo rinnovo si considera dalla prima formazione (quindi entro 31/01/2023) o dall'ultimo aggiornamento (23/11/2022)?

Risposta

Anche per i lavoratori vale lo stesso principio del RSPP: le scadenze degli aggiornamenti partono sempre dalla data del completamento della formazione iniziale (generale+specifica).
Nell'esempio citato la scadenza è quindi al 31/1/2023 senza accorciare mai il periodo di validità dell'aggiornamento stesso.

(Settembre 2018)

Quesito 033/2018

prevenzio.net

Domanda

In uno stabilimento industriale dove operano 100 dipendenti e la valutazione del rischio incendio risulta elevato ma relativamente ad una specifico reparto, il SPP ha individuato un numero idoneo di 20 addetti antincendio, si chiede se necessariamente tutti gli addetti nominati debbano conseguire il corso per rischio alto ai VVF.
Inoltre , si chiede se è possibile che 5 persone, sempre presenti durante l'attività lavorativa oppure operanti nel reparto di maggiore pericolo incendio,vengano formate per rischio alto e altre 15 possono essere formate per rischio medio.

Risposta

Si ritiene che la diversa valutazione del livello di rischio (elevato o medio) fra reparti diversi di uno stesso stabilimento possa essere accettabile solamente quando si possa escludere con sicurezza l'interferenza fra una zona e l'altra, ad esempio perché presente una netta separazione fisica degli ambienti, tale da rendere reciprocamente ininfluenti i relativi eventi al loro interno. Se così non fosse il rischio maggiore sarebbe da ritenersi prevalente in tutto lo stabilimento.
Ciò premesso, e ipotizzando che siano verificate le condizioni di mancanza di interferenza fra i reparti, il sistema di gestione delle squadre di emergenza deve dimostrare di poter prevedere la sufficienza numerica degli addetti di fronte a qualsiasi evenienza, come ad esempio una loro assenza dal reparto a rischio elevato (impegni di lavoro, malattia, ferie …..).
Nel caso in cui non ci sia la certezza della presenza costante di un numero sufficiente di addetti formati (per cui si rimanda alla valutazione del rischio incendio) e della totale assenza di interferenza fra i reparti citati, la scelta non può che indirizzare alla formazione per il rischio elevato di tutti gli operatori addetti alla lotta antincendio.

(Agosto 2018)

Quesito 032/2018

prevenzio.net

Domanda

Sono un RSPP multiateco con attestati del modulo B datati 2013. Quest'anno scade il quinquennio per l'aggiornamento.
Il monte ore complessivo per l'aggiornamento previsto è da considerarsi per un totale di n. 100 ore (come da vecchio accordo) o sono sufficienti n. 40 ore (come da nuovo accordo stato regioni)?

Risposta

L'aggiornamento svolto in questo momento deve rispondere ai requisiti del "nuovo" accordo e quindi articolato in 40 ore.
Si ricorda che l'accordo consiglia che l'aggiornamento venga spalmato nei 5 anni evitando di concentrarlo in un unico momento.

(Luglio 2018)

Quesito 031/2018

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Domanda

Vi scrivo per dirimere un dubbio inerente l'Articolo 1 comma 2 del D.M. 388/2003, ovvero riguardo l'obbligo di comunicazione, nel caso l'azienda appartenga al gruppo A, all'Azienda Unità Sanitaria Locale competente sul territorio in cui si svolge l'attività lavorativa.

  • Nel caso l'azienda in essere rientri nel gruppo A e abbia più di uno stabilimento in territori di competenza di Asl diverse, dovrà mandare una comunicazione per ogni stabilimento, ognuna all'Asl competente sul territorio?
  • E se gli stabilimenti fossero più di uno, ma nel territorio della stessa Asl, ubicati in edifici e vie diverse, bisognerà mandare anche in questo caso una comunicazione per ogni stabilimento?

Risposta

Lo scopo principale della comunicazione per le aziende di gruppo A è la messa in atto eventualmente di interventi di emergenza da parte delle ASL e da parte della/e azienda/e in collaborazione con le ASL e con il supporto del medico competente.
Quindi è il criterio territoriale che deve essere salvaguardato: le comunicazioni vanno inoltrate alla ASL competente per territorio, stabilimento per stabilimento, in modo da avere una descrizione per ognuno di questi, compresi gli aspetti relativi all'indirizzo e alla raggiungibilità del luogo da parte dei mezzi di soccorso.

 (Luglio 2018)

Quesito 030/2018

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Domanda

Alla luce di pareri diversi sul tema, si chiede un chiarimento definitivo in merito alla sorveglianza sanitaria per alcol e droghe nel caso in cui il Datore di lavoro svolga una delle mansioni a rischio, inserite nel Provvedimento 16/03/2006 e nell'Accordo 18/09/2008 della Conferenza Stato-Regioni: si chiede se per il Datore di lavoro sia in vigore l'obbligo di sorveglianza sanitaria.

Risposta

Non c'è obbligo di sorveglianza sanitaria nei confronti del datore di lavoro e non c'è obbligo di controllo di assunzione di alcol e sostanze psicotrope anche se addetto alle mansioni considerate a rischio dagli specifici provvedimenti. In ogni caso permane il rischio "verso terzi" da parte sua in caso di assunzione di sostanze e in definitiva un divieto di fatto; in particolare a seguito di incidente/infortunio si andrebbe a ricercare anche questo aspetto nella individuazione delle cause e delle responsabilità.

 (Giugno 2018)

Quesito 029/2018

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Domanda

In merito ad una società che ha diverse unità locali dislocate sul territorio (distanza massima 200-300 Km) con il datore di lavoro mai presente in alcune di esse, si formulano i seguenti quesiti:

Domanda 1:
ritenute necessaria la formalizzazione del preposto, oppure può bastare l'applicazione l'esercizio dei poteri di fatto di cui dell'art. 299 del D. Lgs. 81/08?

Domanda n.2:
Nell'ipotesi in cui sia necessaria la delega ufficiale di preposto, considerando che nell'unità operativa i poteri sono di fatto esercitati da un lavoratore autonomo munito di partita IVA che esercita la propria attività lavorativa fuori dall'organizzazione e dalle direttive dell'amministratore della società, è consentito delegare questa persona a svolgere il ruolo del preposto? Qualora una delega del genere abbia un senso ed una valenza, è necessario formalizzare un documento o accordo particolare?

Risposta

L'assenza sul posto, in alcune unità locali collocati anche a distanze di tutto rilievo tra di loro, impone una serie di scelte organizzative da parte del datore di lavoro.
La prima scelta (la migliore) potrebbe consistere in una delega di funzioni del datore di lavoro secondo quanto previsto dall'art. 16 del D. Lgs. 81/08, alle condizioni indicate nello stesso articolo.
In questo caso il delegato "sostituisce" il datore di lavoro per tutte le funzioni ad eccezione di quanto espressamente escluso (valutazione dei rischi e redazione del DVR, nomina del RSPP; si veda l'art. 17 stesso decreto).
La seconda potrebbe consistere nell'individuare con chiarezza un dirigente, che però non può fare altro che attuare le direttive del datore di lavoro (vedi art. 2) ma dotato anche di poteri organizzativi e di controllo sui lavoratori.
La presenza di un preposto è la scelta più debole perché si tratta di una figura che "nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute.." (art. 2)
In ogni caso si ritiene senz'altro necessaria una nomina formale di queste ultime due figure (non si tratta di delega di funzioni) con esplicitazione anche nel documento di valutazione dei rischi, affinché ci sia chiarezza degli atti, assunzioni di responsabilità, trasparenza dei passaggi organizzativi che tutti i lavoratori possono facilmente apprezzare.
Si ricorda che sia per i dirigenti che per i preposti sono previsti corsi di formazione specifici come da Accordo Stato-Regioni del 21/12/2011.
Le eventuali individuazioni di queste figure, infine, devono cadere su personale strutturato dell'azienda (dipendenti o assimilati) e non su personale esterno, come quello indicato nella domanda N° 2.

(Giugno 2018)

Quesito 028/2018

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Domanda

Una cooperativa, tra le tante attività, si occupa anche di pulizia di strade (spazzamenti e svuotamento cestini) e manutenzione del verde pubblico.
Avrei una domanda da porre relativamente al tema di “Prevenzione dal Rischio punture di imenotteri”: un rischio che abbiamo individuato all'interno del nostro documento di valutazione dei rischi, in particolare per quelle mansioni che costringono l'operatore a lavorare all'aperto (spazzini ed addetti del verde).
Premetto che come misure di prevenzione abbiamo già attivato la formazione degli operatori spiegando loro quali sono le corrette modalità comportamentali da adottare al fine di ridurre il più possibile i casi di punture (luoghi o azioni da evitare, preferire creme inodori, ecc.) e soprattutto come affrontare eventuali reazioni allergiche (cosa fare e non fare in caso di puntura, come riconoscere un caso allergico, ecc.).
Detto ciò, chiedo gentilmente un parere su come possiamo tutelare il più possibile il datore di lavoro qualora accadesse un evento infortunistico a qualche nostro dipendente al lavoro, considerando il fatto che anche in soggetti non allergici, la puntura di più api contemporaneamente può causarne la morte.
Ad esempio, insieme al nostro medico si era anche ipotizzato eventualmente di mettere una siringa di adrenalina autoiniettante in tutti i pacchetti di medicazione che gli operatori hanno a disposizione quando escono, ma dopo approfondimenti vari, tale misura preventiva risulterebbe eccessivamente costosa, senza considerare il fatto che la siringa di adrenalina richiede un costante controllo del contenuto e scadenza, ed è altamente pericolosa se iniettata erroneamente.
Quindi ci stiamo chiedendo se esistono altre misure di prevenzione che l'azienda può attivare ?

Inoltre, qualora un addetto in occasione della visita medica effettuata con il nostro medico Competente, dichiari di essere allergico alle punture di api, come dobbiamo muoverci? Deve essere lui, sulla base di quanto indicato nel piano terapeutico dell'allergologo ad avere sempre a disposizione la siringa di adrenalina, o deve essere l'azienda a fornirla e a garantire che l'operatore l'abbia sempre con sé?

Risposta

Le misure più efficaci per proteggere i lavoratori da questo tipo di rischio sono principalmente di tipo organizzativo, formativo e sanitario (nel senso della sorveglianza sanitaria svolta dal medico competente che potrà individuare i soggetti allergici o sospetti tali e potrà fornire tutte le indicazioni pratiche del caso).
Non riteniamo giustificata la scelta della siringa di adrenalina in dotazione, neanche nei soggetti con anamnesi positiva per allergia; in questi casi le raccomandazioni e la formazione dovranno essere molto scrupolose così come un'attenzione particolare dovrà essere dedicata agli aspetti organizzativi (ad esempio evitare il lavoro in solitario, formare i colleghi addetti al primo soccorso in maniera adeguata).
Si ricorda che l'obiettivo principale delle norme e le indicazioni relative alla sicurezza sul lavoro riguardano la salute dei lavoratori; se ciò avviene nella maniera giusta anche il datore di lavoro può sentirsi adeguatamente tutelato.

(Giugno 2018)

Quesito 027/2018

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Domanda

Un RSPP ha attestato RSPP modulo B ateco 4 del 2009, come deve procedere per avere ateco 7‎.
Nel frattempo ha frequentato gli aggiornamenti quinquennali.

Risposta

Secondo il nuovo Accordo Stato-Regioni in tema di requisiti dei corsi di formazione per Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione del 7/7/2016, per ottenere i requisiti del "vecchio" Macrosettore B7 (Sanità e Servizi Sociali), attualmente considerato settore specialistico 3 (SP3), occorre frequentare uno specifico modulo aggiuntivo di 12 ore rispetto a quanto già in possesso e riferito al Macrosettore B4 (che attualmente, col nuovo Accordo, è equivalente al modulo B comune).

(Giugno 2018)