Gli scenari dell'Innovazione in Emilia-Romagna
Lunedì 1 dicembre si è svolto presso la Camera di commercio di Modena un incontro per la presentazione del Rapporto sull'innovazione in Emilia-Romagna, indagine promossa da Unioncamere Emilia-Romagna nell'ambito di un progetto di sistema camerale regionale, e realizzato in collaborazione con il CISE (Centro per l'Innovazione e lo Sviluppo Economico), azienda speciale della Camera di commercio di Forlì-Cesena, tramite un questionario strutturato sottoposto fra maggio e agosto 2014 ad un campione di 1.622 imprese emiliano-romagnole.
La presentazione dei dati da parte di Valerio Vanelli dell'Università di Bologna ha posto particolare attenzione ai risultati dell'indagine relativi alla provincia di Modena e quindi alle informazioni fornite da un campione di 287 imprese modenesi.
Rispetto all'edizione precedente, l'indagine attuale ha inteso coinvolgere imprese più strutturate, ritenute potenzialmente terreno più fertile per la realizzazione di innovazione; si è pertanto analizzato il fenomeno dell'innovazione nei contesti in cui è più alta la probabilità che si manifesti: i risultati delle precedenti rilevazioni hanno infatti mostrato che l'innovazione viene più di frequente introdotta dalle imprese più strutturate, di maggiori dimensioni e con più potere di investimento, oltre che dalle società di capitali.
Resta comunque, a livello sia provinciale che regionale, una netta prevalenza di piccole imprese, che costituiscono l'84,6% del campione provinciale. I settori economici maggiormente rappresentati sono la meccanica e la metallurgia, che raccolgono ciascuno oltre il 16% del campione, segue la moda con l'8% del campione modenese contro il 4,2% medio regionale, vista la forte specializzazione provinciale in questo comparto. In questa edizione è stato indagato anche il comparto del terziario, rappresentato dal 18,8% delle imprese del campione.
L'effettiva portata dell'innovazione nell'ultimo triennio
Guardando all'ultimo triennio, il 35,5% del campione modenese dichiara di non aver introdotto alcuna innovazione (dato più soddisfacente di quello medio regionale, che indica oltre il 39% di imprese non innovative ed in netto miglioramento rispetto al 49,5% del 2013 - dato che deve però scontare la ridefinizione del campione, il quale a sua volta è costituito da imprese più strutturate e quindi probabilmente più inclini all'introduzione di innovazione).
Fra le imprese che hanno innovato nell'ultimo triennio, il 24% ha introdotto innovazioni di prodotto di tipo incrementale ed una percentuale pari al 22,6% ha introdotto innovazioni di processo, sempre di tipo incrementale.
Ha realizzato innovazione radicale di prodotto l'8,7% delle imprese del campione modenese e il 9,7% di quelle del campione emiliano-romagnolo, mentre l'innovazione radicale di processo ha interessato una quota ancor più ridotta di casi: il 3,8% a Modena e il 5,5% a livello regionale.
L'innovazione radicale è stata generata principalmente all'interno dell'azienda.
Il settore maggiormente innovativo risulta, come già nelle due precedenti rilevazioni, quello dell'elettricità e dell'elettronica (appena il 20% di imprese non innovative) e dell'agro-alimentare (20,6%), seguiti, con un certo distacco, dall'industria dei metalli (31,9%).
Le imprese che non hanno introdotto alcuna innovazione sono soprattutto riconducibili al settore della carta e dell'editoria e del terziario (ad esclusione del commercio).
Le differenze non riguardano soltanto il settore produttivo bensì la dimensione di impresa, con le imprese più grandi che si dimostrano maggiormente in grado di innovare; la forma giuridica, con meno del 35% di imprese non innovative fra le società di capitali e quasi il 69% fra quelle di persone; il grado di specializzazione e dotazione tecnologica, con una riduzione progressiva della quota di imprese non innovative al crescere del livello di specializzazione e dotazione tecnologica dell'impresa.
Una relazione nitida emerge inoltre con riferimento al grado di apertura al mercato internazionale dell'impresa: fra le imprese con mercati di sbocco collocati esclusivamente a livello locale non ha innovato il 43,9% dei casi, mentre fra quelle con un maggior grado di apertura, che presentano dunque tra i propri clienti soggetti collocati in paesi esteri del mercato globale, tale percentuale scende al 24,5%. Si può ritenere che la relazione tra grado di internazionalizzazione dell'impresa e innovazione realizzata sia di tipo bi-direzionale. Dall'analisi dei dati dell'Osservatorio emerge infatti che tra le imprese modenesi che hanno introdotto almeno un'innovazione nell'ultimo triennio il 36% ha accresciuto le proprie esportazioni mentre fra le imprese non innovative quelle che hanno aumentato le proprie esportazioni sono il 27,1%.
Gli investimenti realizzati
Se con la rilevazione del 2013 si era confermata una netta flessione degli investimenti su tutte le voci contemplate nel questionario, dopo quella particolarmente marcata, avvenuta tra il 2009 ed il 2011, probabilmente come ricaduta della crisi economico-finanziaria, i dati rilevati quest'anno segnano una positiva, seppur debole, inversione di tendenza, sia a livello provinciale che regionale.
Il 15,9% delle imprese modenesi (contro 10,7% registrato nel 2013) ha proceduto all'acquisto di nuovi macchinari e attrezzature.
Seguono gli investimenti effettuati nell'area informatica: acquisto di nuovo software (11,2%) e acquisto di nuovo hardware (6,5%), anche se, quantitativamente, l'ammontare complessivo degli investimenti delle imprese intervistate in quest'area sono stati di quasi un milione di euro (superati dai 2,3 milioni investiti per lo sviluppo/design di nuovi prodotti all'interno dell'azienda), mentre per gli acquisti di nuovi macchinari e attrezzature si superano gli 8 milioni.
Gli ostacoli all'innovazione
La principale criticità, indicata da oltre otto imprese su dieci, così come già nelle tre precedenti indagini dell'Osservatorio Innovazione, è l'eccessiva pressione fiscale.
Secondo principale ostacolo all'innovazione è il rischio d'impresa percepito come troppo elevato, in particolare dalla piccola impresa, seguito dalle difficoltà strategiche di mercato, in termini di limitata conoscenza da parte dell'impresa del mercato, della concorrenza, ecc.
I fattori abilitanti
I fattori che hanno favorito i percorsi innovativi secondo le imprese intervistate sono la collaborazione con i propri clienti (per il 71,2%), la ricerca e sviluppo all'interno dell'impresa (63,7%) e la collaborazione con i fornitori (55,7%). Oltre la metà delle imprese del campione attribuisce poi rilievo alle conoscenze apportate dal personale interno e al trasferimento tecnologico da altri settori.
I benefici dell'innovazione introdotta
Il principale beneficio dell'innovazione è stato individuato dalle imprese nel miglioramento della qualità dei prodotti/servizi (83,3%), mentre al secondo posto si trova il miglioramento del risultato economico (72,3%).
Oltre un quarto delle imprese del campione modenese ritiene che le innovazioni introdotte in azienda abbiano portato a benefici anche per la collettività e il territorio di riferimento. Queste ricadute positive possono essere ricondotte a due macro-aree. La più rilevante riguarda l'eco-sostenibilità e la tutela ambientale (minore impatto ambientale in termini di inquinamento e di emissioni, di produzione di rifiuti e di scarti, di ricorso a fonti energetiche rinnovabili, di risparmio energetico, ecc.); una seconda area afferisce alle ricadute socio-economiche per il territorio, innanzitutto occupazionali, con la creazione di nuovi posti di lavoro, di stabilizzazione di alcuni lavoratori grazie al consolidamento dell'attività produttiva.
L'innovazione e i dati di bilancio
Un dato interessante che emerge dall'analisi dei dati di bilancio per il quadriennio 2010-2013 delle società di capitali è una crescita del fatturato registrata per le imprese che nel triennio sono riuscite ad innovare (+5,1%), ed un decremento per le imprese modenesi che non hanno generato alcuna innovazione (-6,4%).
FOCUS GREEN ECONOMY
Le eco-tendenze delle imprese
L'aspetto più critico rispetto a quattro dimensioni fondamentali per l'impatto ambientale dell'attività economico-produttiva (input energetici, emissioni atmosferiche, produzione di rifiuti, recupero di rifiuti) è quello degli input energetici, per il quale il 14,9% dei casi dichiara un aumento, in alcuni casi anche "forte".
I benefici attesi dello sviluppo sostenibile
Come per le precedenti rilevazioni, i benefici attesi dalle imprese legati allo sviluppo sostenibile sono soprattutto legati alla riduzione dei consumi di energia elettrica e termica (giudicata "molto" o "abbastanza" importante da oltre i due terzi delle imprese intervistate, 68,8%), seguiti dall'aumento dell'efficienza energetica impianti, macchinari, edifici (50,7%).
Conversione alla green economy delle imprese
Le imprese del campione modenese che dichiarano di aver già seguito un processo di conversione alla green economy sono oltre un quinto (20,4%) in netto aumento rispetto al 2013, quando la quota di imprese convertite era risultata di poco superiore al 15%. Si registra inoltre che le imprese che maggiormente si sono convertite o prevedono un processo di questo tipo nel prossimo futuro, sono principalmente riconducibili ai seguenti segmenti: medio-grandi dimensioni, afferenti ai settori dell'agro-alimentare, della carta ed editoria e chimico-faramaceutico, appartenenti ad un gruppo o ad una rete di imprese. Si noti inoltre che dai dati emerge una relazione piuttosto nitida fra conversione all'economia verde e andamenti del fatturato: le imprese convertite all'economia verde esibiscono una quota più consistente di casi che hanno accresciuto il proprio fatturato nell'ultimo triennio e, di converso, una quota meno consistente di casi che l'ha visto contrarsi (il 22,8% dei casi fra le imprese convertite e il 33,4% fra quelle non convertite).